5 poesie di neoclassicismo di grandi autori
Lascio una lista di poesie di neoclassicismo di grandi autori come José Cadalso, Gaspar Melchor de Jovellanos o Meléndez Valdés uan.
Il neoclassicismo era una corrente estetica emersa in Francia e in Italia nel XVIII secolo in contrasto con l'ornato barocco ornamentale.
Si è rapidamente diffuso in tutta Europa. Questo movimento cercò come riferimento i modelli classici dell'Antica Grecia e di Roma e fu nutrito dalle idee razionali dell'Illuminismo.
Questa corrente servì principalmente la nascente classe borghese del tempo, con il sostegno di Napoleone Bonaparte, che voleva salvare gli ideali di semplicità, sobrietà e razionalità.
Alla fine del XVIII secolo, il neoclassicismo perse forza e lasciò il posto al romanticismo, che esaltava ideali totalmente opposti.
Poesie di autori rappresentativi del Neoclassicismo
La letteratura di questo periodo fa parte del cosiddetto "secolo delle luci", caratterizzato dall'esaltazione della ragione, della moralità e della conoscenza.
La produzione artistica di questo periodo era, per sua natura, ateista e democratica, accentuando l'importanza della scienza e dell'educazione e rimuovendola dai costumi e dai dogmi religiosi.
La poesia non ebbe molta preponderanza in questo periodo e diede spazio alle favole (con Tomás de Iriarte e Felix Maria Samaniego come principali esponenti), agli anacreonici, alle satire e alle epistole, poiché erano strumenti più utili per il loro scopo principale quello stava diffondendo la conoscenza.
Qui lasciamo alcuni testi degli autori più famosi di questo periodo.
1- Lettera dedicata a Hortelio (Frammento)
Dal centro di queste solitudini,
gradito a chi conosce le verità,
piacevole a chi conosce gli inganni
del mondo e approfittare delle delusioni,
Ti mando, amato Hortelio, buon amico!
Mille prove del resto che io concepisco.
Ovidio in tristi metri si lamentò
quella fortuna non lo ha tollerato
che il Tevere con le sue opere si stava avvicinando,
ma la crudele destino di Ponto.
Ma cosa del poeta mi è mancato
per arrivare da Ovidio all'alto,
Ho un sacco di filosofi, e intendo
Prendi le cose come vengono.
Oh, come ti mancherai quando vedrai questo?
e solo le sciocchezze qui leggere,
che io, cresciuto in gravi facoltà,
Mi sono applicato a soggetti così ridicoli!
Tu tiro con l'arco, alzi le sopracciglia,
già il manoscritto della mano che lasci,
e tu dici: "Per giocattoli simili,
Perché lasci i punti importanti?
Non so perché ti capisci di dimenticare
Sublime e soggetti scelti!
Perché non ti dedichi, come è giusto,
a questioni di maggior valore del gusto?
Dal pubblico giusto che hai studiato
quando eri così saggio hai visitato;
di Scienza dello Stato e Arcana
dell'interesse di diversi sovrani;
della scienza morale, che l'uomo insegna
quale virtù si sforza nel suo dono;
delle arti guerriere che hai imparato
quando sei andato alla campagna di volontariato;
della scienza di Euclide dimostrabile,
della nuova fisica deliziosa,
Non era più il caso che tu pensassi
per iscritto cosa noterai?
Ma i coplilli? E l'amore? Oh, triste!
Hai perso il piccolo cervello che hai avuto ».
Hai detto, Hortelio, e quanto, arrabbiato,
Volevi questo povero esilio?
Guarda bene, e con flemma fresca e ferma
Ti dico che continuo con il mio tema.
Di tutte quelle scienze a cui ti riferisci
(e aggiungine altri se vuoi)
Non ho preso più di quanto segue.
Ascoltami, per Dio, attentamente;
ma no, cos'altro sembra quello che dico
relazione, non lettera di un amico.
Se guardi i miei sonetti alla dea
di tutti i più belli vecchi,
il primo dirà con chiarezza
perché ho lasciato le alte facoltà
e mi dedico solo al passatempo;
Ti ho letto lentamente, ti prego
Stai zitto e non giudicare che il mio lavoro sia così sciocco.
Autore: José Cadalso
2- Prima Satira: A Arnesto (Frammenti)
Quis tam patiens ut teneat se?
[Chi sarà così paziente da contenere se stesso?]
(JUVENAL)
Lasciami, Arnesto, lasciami piangere
i feroci mali del mio paese, vattene
che la sua rovina e la sua perdizione si lamentano;
e se non lo vuoi nel centro oscuro
da questa prigione la punizione mi consuma
lasciami almeno alzare l'urlo
contro il disordine; lascia che l'inchiostro
mescolando gall e acíbar, segui indisciplinati
la mia penna è il volo del giullare di Aquino.
Oh quanta faccia vedo la mia censura
di pallore e blush coperti!
Coraggio, amici, nessuno, nessuno,
il suo pungiglione, che inseguo
nella mia satira del vizio, non il vizioso.
E cosa vorrà dire che in alcuni versi,
bile arricciata, tirare una caratteristica
che il volgo crede che punti ad Alcinda,
colui che ha dimenticato la sua orgogliosa fortuna,
basso vestito nel Prado, che potrebbe
un pestello, con tuoni e rascamoño
vestiti alti, dritto,
copertina di un bordo più trasparente
che la sua intenzione, a intravedere e dimenare
la folla di pazzi che si radunano?
Riesci a sentire che un dito malizioso,
puntando questo versetto, indicalo?
La notorietà è già la più nobile
attributo del vizio e della nostra Giulia,
Più che essere cattivi, vogliono assomigliarlo.
C'è stato un tempo in cui stava accadendo la modestia
imbrunire i crimini; c'è stato un tempo
in cui la timida modestia era coperta
la bruttezza del vizio; ma sono fuggiti
la modestia di vivere nelle cabine.
Con lui sono fuggiti i giorni felici,
che non torneranno; quel secolo è fuggito
in cui anche gli insulti folli di un marito
ingannati i creduloni Bascuñanas;
Ma oggi Alcinda fa colazione con il suo
con ruote da mulino; trionfo, spendi,
saltare le notti eterne
del greggio di gennaio, e quando il sole tardi
rompi l'oriente, ammira il colpo,
come se fosse un estraneo, al limite.
Entra a spazzare con la gonna di lana
il tappeto; qua e là nastri e penne
dell'enorme copricapo semina e segue
con passo debole assonnato e appassito,
mentre Fabio stava ancora tenendo la mano,
fino alla camera da letto, dove ad una gamba
Il cornuto russa e sogna di essere felice.
Né il sudore freddo, né il fetore, né il rancido
Burp lo disturbò. In tempo
il pazzo si sveglia; foglie silenziose
la profanada hollanda, e resta attenta
al suo assassino il sogno male sicuro.
Quanti, oh Alcinda, alla coyunda unita
la tua fortuna invidia! Quanti di Imeneo
cercano il giogo per ottenere la fortuna,
e senza invocare la ragione, né pesare
il tuo cuore i meriti dello sposo,
si pronunciano e la mano si allunga
il primo che arriva! Cosa c'è che non va
Questa maledetta cecità non abortisce!
Vedo i tè nuziali
dalla discordia con l'infame respiro
ai piedi dello stesso altare e nel tumulto,
brindisi e vivas de la tornaboda,
una lacrima indiscreta predice
guerre e obbrobriosi verso i cattivi uniti.
Vedo per mano spericolata e rotta
il velo coniugale, e quello correndo
con la fronte impudente sollevata,
l'adulterio va da una casa all'altra.
Zumba, celebra, ride e sfacciato
cantare i loro trionfi, che forse celebra
un marito sciocco e un uomo onesto
si feriscono con il piercing sul petto,
la sua vita è abbreviata, e nella tomba nera
il suo errore, il suo affronto e il suo disprezzo si nascondono.
Oh vili anime! Oh virtù! Oh leggi!
Oh onore mortale! Quale causa
ti ha fatto fidare di guardie infedeli
Così prezioso tesoro? Chi, oh Themis,
Il tuo braccio corrotto? Lo muovi crudo
contro le tristi vittime, che trascina
nudità o abbandono al vizio;
contro i deboli orfani, di fame
e di oro tormentato, o adulazione,
la seduzione e il tenero amore si arresero;
Lo espelli, lo disori, lo condanni
per incertezza e duro isolamento. E in entrambi
vedi indolente nei tetti dorati
protetto il disordine, o tu soffri
fuori in trionfo attraverso le ampie piazze,
virtù e onore beffardo!
Oh infamia! Oh, secolo! Oh corruzione! matrone
Castigliano, chi potrebbe dirlo
onore eclissi? Chi di Lucrecias
a Lais sei tornato? Né il tempestoso
oceano, né pieno di pericoli,
il Lilibeo, né le ardite vette
da Pirene, sono stati in grado di proteggerti
di contagio fatale? Zarpa, incinta
d'oro, la nao gaditana, contribuisce
alle rive galliche, e ritorna
pieno di oggetti futili e futili;
e tra i segni dello sfarzo straniero
pellicce velenose e corruzione, comprate
con il sudore dei fronti iberici.
E tu, miserabile Spagna, la aspetti
sulla spiaggia, e sceglie con entusiasmo
la carica pestilenziale e l'affare
felice tra i tuoi figli. Penne vile,
garze e nastri, fiori e ciuffi,
ti porta invece del tuo sangue,
del tuo sangue, oh baldón! e forse, forse
della tua virtù e onestà. riparazione
che la giovane luce cerca.
Autore: Gaspar Melchor de Jovellanos
3- A Dorila
Come vanno le ore,
e dopo di loro i giorni
e gli anni fioriti
della nostra fragile vita!
La vecchiaia poi arriva,
dell'amore nemico,
e tra le ombre funebri
La morte sta arrivando,
quanto emaciato e tremante,
brutto, relazione, giallo,
ci terrorizza e si spegne
i nostri fuochi e abbiamo detto
Il corpo diventa insensibile,
i dolori ci rendono stanchi,
noi sfuggiamo ai piaceri
e lascia la gioia.
Se questo, quindi, ci attende,
Perché, mia Dorila,
sono gli anni floridi
della nostra fragile vita?
Per giochi e danze
e canzoni e risate
i cieli hanno dato loro
Grazie sono per voi
Vieni oh! Cosa ti sta fermando?
Vieni, vieni, mia colomba,
sotto queste viti
Se leggero, il vento fa schifo;
e tra morbidi toast
e delizie mimose
dall'infanzia godiamoci,
perché vola così veloce
Autore: Juan Meléndez Valdés
4- Ama il coraggio
Amore, tu che mi hai dato l'audacia
tentativi e la mano che hai diretto
e nel seno candido la metti tu
di Dorisa, in luoghi non toccati;
se guardi tanti raggi, fulminato
dei suoi occhi divini contro uno triste,
dammi il sollievo, perché il danno che hai fatto
o finisci la mia vita e le mie cure.
Peccato il mio bene; digli che sto morendo
dell'intenso dolore che mi tormenta;
che se si tratta di amore timido, non è vero;
non è l'audacia nell'affronto affrettato
né merita una punizione così severa
un infelice, quello di essere beati.
Autore: Nicolás Fernández de Moratín
5- Oda
Non fingere di sapere (che è impossibile)
quale fine cielo a te e al mio destino,
Leucónoe, né i numeri caldei
consultare, no; che in dolce pace, chiunque
fortuna puoi soffrire. O già l'oratore
molti inverni alla tua vita,
o ora era quello che oggi si rompe
nelle rocce le tre onde,
tu, se sei prudente, non rifuggire
i toast e il piacere. Breve a breve
Termina la tua speranza. La nostra età
mentre parliamo di corse invidiose.
Ouch! goditi il presente e non fidarti mai
Credula, dell'incerta giornata futura.
Autore: Leandro Fernández de Moratín